Fine del 2018

Sono stato a lungo senza scrivere, ho voluto osservare e prendere appunti e a differenza di quanto fatto finora, dare una immagine globale del mondo delle microimprese e delle PMI osservato con gli occhi del professionista condensando il vissuto di un anno in questo piccolo riassunto lavorativo che vede come localizzazione geografica un nord est non più ricco e produttivo che paga oltre che la crisi anche la scarsa qualità di molti imprenditori.

Formazione

Nonostante la costante presenza dei fondi interprofessionali le piccole imprese ancora poco si avvalgono di questi profili di finanziamento per formare i propri dipendenti e collaboratori.

Ma non solo: è la formazione stessa ad essere sottovalutata; solo ciò che è reso obbligatorio per legge viene effettuato.

E ciò è un danno enorme: come non investire in conoscenza attraverso il patrimonio umano che le imprese hanno. Non si può essere competitivi nel ventunesimo secolo se non attraverso conoscenze tecniche in tutti i campi elevate: conoscenze che si acquisiscono assumendo personale qualificato e mantenendolo costantemente aggiornato. Purtroppo, ancora in moltissime realtà la formazione è una perdita di tempo in quanto toglie produttività all’azienda: chi è artefice del proprio mal pianga sé stesso.

E la legge del “ Menga” purtroppo non perdona: se il mercato locale è sparito, se il mercato nazionale è asfittico e minimale, se il mercato europeo arranca in maniera difficile solo il mercato globale ci può permettere con i giusti investimenti in tecnologia e formazione di riuscire ad essere competitivi e creare utili. Ma se manco conosco una lingua straniera e se l’informatica è solo postare in facebook…sicuramente la famosa legge del “Menga” colpirà inesorabile…

Informatizzazione e web

Ancora moltissime imprese non hanno conoscenze informatiche di base: danno enorme che si ripercuote sulla gestione aziendale e sulla produttività. L’informatizzazione dell’azienda attraverso gestionali, CRM come perfino il corretto utilizzo del pacchetto Office sono alla base di una efficiente gestione aziendale dove lo scopo principale è produrre meglio a un costo inferiore riducendo gli sprechi e puntando ad una completa soddisfazione del cliente attraverso la creazione di un rapporto relazionale azienda-cliente di lunga durata.

Il web è ancora troppo relegato al classico sito istituzionale: manca la volontà da parte dell’imprenditore di capire che internet è una vetrina mondiale, un catalogo multimediale visibile da miliardi di persone.

Questo porta ad una riflessione: a cosa serve investire soldi nel web se poi non lo assistiamo, non lo gestiamo come se esso stesso fosse la nostra azienda? Già il ROI è un indicatore che in moltissime aziende è solo uno sconosciuto acronimo; al web pochissimi lo applicano.

I social media poi sono un terreno ancora troppo poco esplorato o esplorato male dove gli incarichi di gestione vengono affidati spesso e volentieri all’amico dell’amico (come succede anche per i siti web) con scarsi risultati se non negativi. La web reputation è cosa pressoché sconosciuta salvo poi chiedersi come mai i clienti improvvisamente mancano.

Ma della sicurezza dei dati ne vogliamo parlare? Ma della gestione dei dati sensibili ne vogliamo parlare? No, non ne parliamo poiché nelle micro imprese e nelle PMI è ancora qualcosa di sconosciuto visto con paura e di cui si chiede consiglio ad un referente che di questo sa poco o nulla: il proprio commercialista.

 

Marketing

Il marketing viene ancora considerato una cosa da grandi aziende e soprattutto interpretato come pubblicità e comunicazione. La pianificazione strategica indirizzata sul medio lungo termine base della vita di ogni attività economica e commerciale è quasi del tutto sconosciuta.

Budgeting reporting programmazione e controllo sono parole sconosciute come pure le analisi commerciali ed economiche per non parlare della conoscenza degli indicatori fondamentali che qualsiasi imprenditore piccolo o grande dovrebbe conoscere e le simulazioni sul breve medio periodo.

Ma anche il marketing operativo non se la cava meglio: pochissime operazioni di comunicazione valide su prodotti o servizi ed il più delle volte estemporanee e non pianificate, completa mancanza di conoscenze dei fondamentali del marketing operativo, attività il più delle volte effettuate per dare respiro a magazzini   ed a fare cassa più che con l’intento di creare soluzioni di continuità che permettano alle imprese di vivere e prosperare in maniera corretta e affidabile.

La gestione del personale è inesistente come pure quella della gestione aziendale: in molte aziende il titolare con il “ragioniere” si occupano di acquisti, di vendita, di gestione del personale, di comunicazione, di marketing, di tutto…ed il lean manager è una parolaccia.

Il consulente aziendale

La figura del consulente aziendale è ancora relegata in un angolo: demerito nostro che non siamo mai riusciti a creare una figura professionale alternativa al commercialista, che desse spessore ed immagine ad una attività che se fatta in maniera corretta porta risultati positivi alle aziende ed invece oggi come ieri e come sicuramente domani è nell’immaginario collettivo rappresentata da quel signore che entra in azienda, chiede i fatti dell’imprenditore, da soluzioni impossibili e pretende pure di essere lautamente pagato.

Per fortuna non è così anche se forse alcuni consulenti hanno dato modo di foraggiare questa leggenda… metropolitana?

Un problema è il fatto che gli studi professionali di commercialisti e consulenti del lavoro hanno agli occhi degli imprenditori una valenza enorme: nulla si muove in azienda se non prima interpellato il proprio commercialista. E’ una cosa grave, almeno per me, poiché oltre a ledere l’immagine di chi come me fa il consulente aziendale/formatore, crea una dipendenza difficilmente poi intaccabile.

Diciamocelo chiaramente: il commercialista, senza nulla togliere, di marketing, di comunicazione, di budgeting e di reporting ma anche di pianificazione aziendale e di tanto altro, sa poco o nulla non per colpa sua ma perché la burocratizzazione sempre più forzata delle attività lo ha reso un mero fiscalista alle dipendenze dello stato con lo scopo primario di fare in modo che il contribuente paghi le tasse.

Ecco che in questa prospettiva auspico una maggiore collaborazione con la categoria degli esperti e dottori commercialisti nonché dei consulenti del lavoro: assieme si potrebbero dare alle aziende clienti una serie di servizi ad alto valore aggiunto e poter provvedere ad un aumento di competitività soprattutto nelle micro imprese e PMI spina dorsale di tutto il sistema economico e produttivo dell’Italia.

Tutto di negativo? Non proprio anche se è pochino. Sicuramente i giovani che vuoi per necessità vuoi per volontà hanno avviato attività economiche sono sempre più portati verso l’internazionalizzazione delle proprie imprese e questo necessita formazione investimenti in tecnologia ma soprattutto apertura mentale. Qualche vecchio imprenditore lo sta facendo anche lui e questo è di buon auspicio.

Ora speriamo in un 2019 sereno economicamente e politicamente e che permetta a tutti di iniziare a comprendere dove stiamo andando ma soprattutto cosa vogliamo fare.

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